OFF: se non dispiace a nessuo, mi inserisco
In quei giorni era una tipica giornata inglese: pioggia battente e una forte umidità.
Settembre era alle porte e le ultime gocce di sole che restavano diventavano di pioggia, era da qualche giorno che ormai pioveva senza tregua, non gli era mai piaciuto un clima simile. Il ragazzo si era appostato in fondo all'aula vicino al termosifone, arrivando appena in orario, prima che la lezione incominciasse. Sarebbe durato solo qualche altro giorno, la noia più assoluta, il campo estivo cui stranamente era stato accolto con gioia, la sua personalità lunatica aveva fatto parte, pochi giorni dopo il suo compleanno, un periodo particolarmente felice che lo aveva distratto dai programmi che offriva il luogo: Ripassi per lo studio, Studio, Programmi Aggiuntivi, qualche laboratorio e sopratutto, restare segregato nella sua stanza durante le pause che di solito occupava come attività più divertenti, come leggere un bel libro o giocare con qualcuno a calcio.
Restava con il gomito appoggiato al banco, la mano chiusa a pugno sulla sua guancia dimostrava una certa noia sfacciatamente dimostrata da Philippe. Gli occhi verdi erano posati sul cielo grigiastro e sull'ipnotica visione della pioggia che fendeva la nebbia apparsa prima della lunga precipitazione, lo scroscio che produceva quando le goccioline rimbalzavano sulle foglie cadute era un rumorino piacevole anche se alla lunga, era come un cane che abbaiava da sette giorni.
Spostò gli occhi sul suo amico e compagno di banco Paul, che ormai dormiva come un sasso, nascosto da una ragazza particolarmente alta, ormai erano un paio di ore che non alzava la testa dal banco e per fortuna non russava, forse sarebbe finito nei guai anche lui per non averlo svegliato. La lezione spiegava i tipi di frazione, improprie proprie e apparenti, questa nella prima ora,nella seconda stavamo parlando di figure, dal quadrato al dodecagono, non era proprio il programma che volevo alla fine dell’estate. Fortunatamente ogni tanto qualche compagno della sua classe doveva risolvere semplici problemi matematici o geometrici, adatti a una scolaresca di quell’età, distraendomi da pensieri vuoti e vaghi. Dopo circa una mezz’ora passata in solitudine con un compagno che dorme, senza nessuna parola scambiata a nessuno, al contrario di alcuni miei compagni o compagne molto amichevoli, lo squillante suono trillante della campanella mi riportò in me, prima di uscire svegliai il mio amico che con occhi assonnati e abbastanza irritato, uscì dalla sala con me, dopo quell’ora ci sarebbe stata la pausa mensa, avrebbe almeno messo qualcosa nello stomaco. Attraversò il corridoio in fretta, quasi correndo verso il refettorio del campo, non preoccupandosi degli altri alunni che invece ci sarebbero andati più lentamente. Poco prima della porta che conduceva lì, c’era un’orda di studenti che si dirigeva al suo stesso modo lì, si fermò per rallentare un po’, ma i ragazzi dietro di lui lo costrinsero a proseguire e perdere le tracce del suo compagno. La “folla” che si era accumulata all’interno del salone lo spinsero involontariamente verso la parte della mensa dove si doveva prendere il cibo; quindi prese un vassoio e delle posate e si servii, afferrando qualcosa da mangiare, giusto quel poco per riempire lo stomaco. Ora sopraggiungeva un dilemma: dove sedersi? Squadrò la situazione, posando gli occhi su ogni tavolo che però purtroppo erano quasi tutti pieni, si sentiva a disagio a sedermi in mezzo a una decina di sconosciuti senza dire niente per l’intero pranzo, piuttosto sarebbe restato da solo.
Cominciai a girare per trovare un tavolo vuoto o almeno quasi vuoto, senza tanto successo però, ormai i soliti gruppi di ragazzi si erano uniti e stavano amabilmente chiacchierando. Stava pensando che ormai avrebbe dovuto mangiare seduto per terra, quando addocchiò un tavole dove due ragazzi stavano parlando. Li aveva visti nella sua classe, sapeva che frequentavano il suo stesso corso ma non li conosceva affatto, neanche il nome. Non riusciva a capire la loro conversazione, non voleva risultare invadente nei loro confronti però, doveva ugualmente sedersi da qualche parte e visto che quel piccolo spazio era libero, si avvicinò a loro e portandosi la mano sinistra dietro la testa, in mezzo ai suoi folti capelli rossi e timidamente gli parlò:
<<ehm…qui è libero? Non trovo altro posto!>> Fece un piccolo sorriso e aspettò la risposta dei due ragazzi.